Nel 2021 Nicola, l'attuale direttore editoriale di Lucy, venne da me, in un periodo di grande stress perchè oltre che lavorare per Venti stavo anche scrivendo il mio romanzo. La sera, durante i weekend, facevamo queste riunioni su nemmeno noi sapevamo cosa perchè stavamo progettando una cosa che ancora non esisteva e che poi è nata a febbraio del 2023. Abbiamo avuto tanti mesi di follia, abbiamo iniziato a chiedere i pezzi agli autori, senza nemmeno sapere se questo progetto sarebbe poi andato in porto. Quando fai un progetto inizialmente ti devi assestare, adattare, infatti il Lucy di un anno fa non è neanche comparabile al Lucy di oggi. Ho voluto partecipare al progetto e lasciare Venti perchè volevo crescere e ad un certo punto forse ero già anche cresciuta troppo per stare lì, anche solo anagraficamente: parlavo di ventenni avendo ormai trent'anni, l'unità di tempo non era più la stessa.  

Questo libro l'ho comprato alla LibrOsteria, posto top che vende anche libri usati. La storia che c'è dietro è buffa perchè l'abbiamo usato come ispirazione per il gioco sui social che abbiamo fatto con Lucy. I nostri social a volte postano un incipit e chiedono agli utenti di indovinare da che libro è tratto. E tutto questo nasce da questo libro.

Quando ho iniziato a lavorare con Venti ero davvero piccola, avevo 26 anni e non sapevo assolutamente niente del mondo del lavoro. Mi sono trovata a fare questo lavoro molto insolito per il mio percorso di studi e senza neanche troppe direttive, di base ci hanno dato un budget e ci hanno chiesto di sfruttarlo. Una delle prime cose che abbiamo fatto è stato l'allestimento del set. Mi ricordo questa giornata in cui io affittai una macchina a noleggio e andammo, io e Sofi, al Brico per comprare dei bulloni per montare una libreria per il set di Venti. Una volta lì ci trovammo davanti un'infinità di bulloni diversi e non avevamo idea di cosa ci servisse. Eravamo anche molto tese perchè avevamo tutta la responsabilità addosso e ad un certo punto forse a Sofi scappò pure una cosa che era metà tra il riso e il pianto. Mi ricordo quindi queste giornate in cui non si concludeva niente illudendosi di potercela fare da sole. Poi però alla fine ce l'abbiamo fatta. Forse possiamo dire che questa è la metafora di come poi è andato Venti.

Il mio processo creativo, sia per quanto riguarda i pezzi su Lucy che nei confronti del libro, parte dalla mia quotidianità. Cose che mi capitano sotto agli occhi, cose su cui rifletto, cose che mi consigliano, ciò che mi succede. Ad esempio uno degli ultimi episodi del podcast che ho scritto era perchè avevo pianto davvero tanto quel giorno, quindi mi sono andata a cercare tutto sul pianto e poi ne avevo parlato, stessa cosa nell'episodio sui vizi che ho scritto dopo aver letto un articolo di Clara Mazzoleni che racconta di un trend delle persone giovani che cercano di non bere, fumare, fare sesso. Mi piace scrivere dei pezzi che siano culturali ma anche intimi. Poi principalmente scrivo sul divano o nel letto, basta che io sia sdraiata. Probabilmente non fa paricolarmente bene ma ecco mi aiuta a creare quell'intimità che ricerco.

Una cosa bellissima che mi è successa, per la quale ho detto "vedi che ne vale la pena di fare quello che faccio", è quando è venuta qui Ottessa Moshfegh, autrice che io adoro, venero. L'ho presentata a Torino, al Salone del libro, e ho implorato l'ufficio stampa di farmi fare un'intervista video. Quindi il giorno dopo è venuta a Milano e ho fatto questa intervista a cui tengo tantissimo, mi sembra di aver avuto un contatto molto intimo con lei in quel momento.

La passione per la scrittura nasce perchè ero molto curiosa ma odiavo molto la scuola. Quindi cercavo delle persone fighe oltre la scuola. Conobbi Martina Testa, Niccolò Contessa, Francesco Pacifico. Mi sembravano fighissimi, erano più grandi, vivevano in un mondo molto più libero, o per lo meno diverso dal Liceo. Mi sembrava strano che i miei compagni non volessero andarsene da lì, mentre io volevo molto vedere che altro c'era. Sotto sotto c'era anche l'idea di scrivere, ma forse ora ho una visione così lontana di quello che ero che non capisco quando sia nata. Comunque secondo me io non volevo diventare scrittrice, mi piaceva il modo in cui vivevano quelle persone che trovavo fighissime. La scrittura era un po' un mezzo desiderio per arrivare a quella vita lì e scappare dal Liceo. In quegli anni leggevo Candido di Voltaire, mi fece esplodere il cervello. Descriveva un'invasione in un castello in cui veniva violentata una donna e io non avevo mai letto niente a riguardo, quindi mi rimase molto impresso.

Quando avevo 17 anni ho conosciuto Francesco Pacifico che era molto contento di conoscere persone giovani che volessero scrivere, quindi a quel tempo mi faceva editare delle cose, scrivere dei pezzi e io pensai che mi piaceva davvero quella cosa. Non ho mai pensato di scrivere un libro ma mi piaceva quell'atmosfera. Poi i miei non volevano che io facessi Lettere, quindi non ho più scritto fino a quando non sono arrivata a Milano. Qui ho conosciuto Sofia e ci ho sviluppato un rapporto davvero bellissimo. Io ero abituata a vivere in un mondo in cui c'erano dei valori di un certo tipo: lo studio, l'umiltà, il valore dei soldi. Non sto dicendo siano giuste o sbagliate, ma io sono stata educata così. Arrivata a Milano mi sono trovata in questo mondo in cui tutto è il contrario di tutto: va bene far lavorare della gente di 14 anni per un Brand, va bene svendere gli ideali per soldi. Tutto ciò mi ha fatto un effetto emotivamente molto intenso. In più avevo un legame davvero intimo con Sofi, mi sembrava assurdo il modo in cui stavo vivendo la mia vita e la scrittura era un modo per elaborarla. L'ho scritto molto difficilmente perchè non sono molto disciplinata, ma la scrittura è stata molto passionale, a sprazzi, spesso disperandomi. Ma alla fine ne è uscito un romanzo che racconta molto di me, dei miei pensieri, e che ha un taglio per me molto interessante.

Ho iniziato a lavorare con Sofia perchè lei non voleva più parlare per sè e di sè sul suo canale, cercava un modo di crescere con i suoi contenuti. Io ero una grande appassionata di Rookie che era il magazine di Tavi Gevinson, che era una teenager famosa nel 2008 perchè aveva un blog in cui postava foto dei suoi outfit comprati nei vintage. Era geniale perchè non aveva dei look tipo Chiara Ferragni, erano davvero fighi. Hanno quindi iniziato ad invitarla alle sfilate di moda quando lei aveva tipo 14 anni, fino a che non si è stufata di questa vita. Ha quindi fondato questo magazine online in cui, reclutando un po' di autrici sotto i 20 anni, parlava di cose per ragazze principalmente. Rookie vuol dire matricola e le rubriche erano un po' dei diari personali, c'era una che si chiamava "Chiedilo ad un adulto". Insomma sono delle cose che un po' assomigliano allo spirito di Venti: legare i giovani al mondo degli adulti, in un modo un po' figo alla MTV.